Nel novembre 1971 Sergej Dovlatov e i suoi amici artisti e letterati si rendono conto di essere ormai vittime di un Paese sempre più censorio e illiberale, che non considera “esistenti” tuti colori che non rientrano nei canoni della cultura ufficiale sovietica. Il clima ammorbidito degli anni Sessanta sta infatti cedendo il passo a quello irregimentato dei ’70, laddove potenziali capolavori letterali restano non pubblicati e accatastati come carta da riciclo per i bambini delle scuole.

Leggi la Recensione su Sale della Comunità